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Trovare la propria strada è un percorso che richiede tentativi e fallimenti. L’occasione per dedicarsi alla ricerca di se stessi e delle proprie passioni può essere il Gap Year, un’esperienza di crescita fin dalla sua fase di organizzazione. Ne abbiamo parlato con Andrea Portante D’Alessandro che scrive a supporto di questa scelta.

Un libro sul Gap Year: come nasce l’idea?

Da tempo, accompagnando la crescita dei miei figli, ho iniziato ad interessarmi ai temi della scuola e della formazione dei ragazzi, sia da un punto di vista personale, del carattere, che culturale. Ho cercato per loro e li ho stimolati a sperimentare attività e campi diversi. Alcuni spunti li hanno accolti, altri no, ma è proprio questo lo scopo: esplorare, conoscersi, capire. Il Gap Year è la naturale evoluzione e momento massimo di queste attività. Mio figlio allora non ancora diciottenne stava pianificando il suo anno sabbatico, io lo aiutavo, e ho pensato di strutturare il materiale che avevamo trovato in un libro che fosse ad un tempo uno stimolo sul “perché” ed un manuale sul “come”. Alla fine mio figlio ha fatto mezzo Gap Year, perché a metà ha capito cosa cercava e ha iniziato il percorso universitario in Olanda. Quei mesi sono quindi serviti allo scopo.

La tua esperienza personale

Ho fatto varie esperienze in Italia e all’estero, di studio e di stage. Parliamo di 40 anni fa, non esistevano le opzioni e opportunità che esistono oggi, e anche allora molti consideravano le mie esperienze una perdita di tempo. Messe tutte insieme, hanno generato qualche mese di ritardo nella laurea, ma quello che mi hanno dato è stato impagabile a livello personale ma anche di carriera, consentendomi di superare le selezioni per università e aziende molto competitive. Scelsi di non partire con l’anno scolastico all’estero al liceo, che allora muoveva i primissimi passi, gli insegnanti non incoraggiavano queste esperienze. Succede ancora, ma in misura minore, e questi programmi offrono oggi molte opzioni in più.

Tutto è cominciato con…
un anno da exchange student durante il mio secondo anno di università, presso il Dickinson College di Carlisle, in Pennsylvania. Un’esperienza indimenticabile. Al ritorno ho dovuto recuperare, i miei corsi non erano riconosciuti formalmente, ma in USA avevo comunque scelto un percorso allineato con il mio piano di studi di Economia e Commercio.

Ho “perso altro tempo”
con un periodo di tre mesi a Birmingham dove ho lavorato per una grossa società di revisione e imparato che… non era per me! Seguirono altri due mesi di stage a Roma, dove approfittai per raccogliere materiale per la mia tesi, che scrissi mentre facevo il militare.

Dopo la laurea
e finito il militare, non so ancora come sono riuscito a incastrare le date (ma, se mi permettete… ci vuole anche fortuna) sono partito per uno stage a New York. Diciotto mesi ancora più indimenticabili. Mentre ero a New York, provai i test per l’ammissione ad un MBA, venendo accettato al M.I.T. dove sono andato con una borsa di studio dell’ENI, che probabilmente non avrei vinto se non avessi arricchito in precedenza il mio curriculum. Dopo il Master, nel 1990, ho iniziato il mio percorso professionale in McKinsey&Co., una delle principali società di consulenza, e qui inizia un’altra storia che mi ha portato fino in RAI, dove sono da 20 anni. Felicissimo di aver “buttato” tutti quei mesi!

Perchè un Gap Year può essere la scelta giusta?

Un Gap Year può essere un investimento essenziale per:

  • crescere come individui attraverso esperienze forti e indimenticabili;
  • capire cosa si vuole dalla vita (se ancora non lo sapete);
  • prepararsi al meglio per quello che si vuol fare nella vita (se già lo sapete) e acquisire skills importanti (anche se non lo sapete).

Le ricadute positive sono molte, in estrema sintesi un Gap Year serve a:

  • maturare e crescere;
  • conoscere meglio se stessi e i propri obiettivi personali e professionali;
  • prepararsi per raggiungere tali obiettivi.

Per chi è adatto il Gap Year?

Un Gap Year è utile non solo a chi, legittimamente a 18 anni, è ancora confuso circa il proprio futuro e le proprie priorità, ma anche a chi ha o, meglio, pensa di avere le idee chiarissime. Un periodo di verifica può rafforzare determinate scelte e inclinazioni oppure, sorprendentemente, sconvolgerle. Contemporaneamente, offre un’irripetibile opportunità di avventura e divertimento.
Mi sento di raccomandare un Gap Year dopo il diploma anche ai ragazzi degli istituti tecnici che rispetto ai compagni dei licei, tendono a non considerare queste opzioni. Fra l’altro, con le loro competenze, sono anche i più “attrezzati” per fare esperienze di lavoro interessanti e che aiutano ad ammortizzare i costi!

A proposito di passioni scrivi: Oggi é razionale seguirle, smentendo secoli di buonsenso familiare. Pensi si debba andare alla ricerca delle passioni?

Il contesto attuale, a mio avviso, impone di rivedere e ripensare molti assiomi del passato. Un tempo la ricetta per il successo era:

  • pensa solo a studiare, non distrarti troppo con altre attività;
  • se te lo puoi permettere, non lavorare prima di aver finito di studiare;
  • seguire le passioni è un lusso: meglio ragioniere in banca che artista fallito;
  • scegli una carriera e quella rimarrà per tutta la vita.

Lo studio è importantissimo, ma dobbiamo abituarci ad anticipare alcune esperienze (lavoro, volontariato) che ci forniscono gli strumenti, le soft skills necessarie per crescere come persone ma anche professionalmente. Inoltre, oggi, sacrificare le proprie passioni in nome di un sano realismo non porta automaticamente a comodi, per quanto forse noiosi, posti fissi e il laureato mediano è spesso costretto a passare da voucher a collaborazioni intermittenti e senza prospettive.

Se si hanno delle passioni oggi è più razionale seguirle rispetto ad un tempo. Per entrare nel top non basta sgobbare sui libri, non basta essere intelligenti, occorre svilupparsi in modo completo, professionalmente e umanamente. Per questo credo che occorra seguire le proprie passioni in quanto solo così è possibile trovare tutta l’energia, la concentrazione, affrontare i sacrifici necessari per ottenere risultati. É vero che spesso, come dice qualcuno, la passione segue il successo e non viceversa, ma proprio perché a volte scopriamo passioni e successo dove non ce lo saremmo aspettato, è utile un periodo per esplorare, testare, metterci in gioco.

Qual è l’obiettivo di un Gap Year?

Questa domanda ha infinite risposte, proprio perché il Gap Year ha il grande pregio di essere flessibile e potersi adattare alle esigenze o desideri di ciascuno.

Se ho le idee chiare, o penso di averle, posso dedicare un anno o gran parte di esso a studiare una lingua importante e ostica come cinese, arabo, russo. Oppure, al contrario, sperimentare corsi e attività in campi diversi da quelli cui siamo abituati: se ho un background umanistico fare qualche corso relativo alle quantitative sciences e, viceversa, se si ha un background più scientifico e si pensa di fare l’ingegnere, fare qualcosa nel campo delle Humanities. Attraverso fiere, eventi e stage posso conoscere diversi settori e capire se e come possono essere parte del mio futuro. Posso poi dedicarmi anche ad un mio progetto personale. Anche restaurare una vecchia 500 può insegnare moltissimo, e non solo sulla macchina, ma su come organizzare il lavoro, mantenere deadline etc.

La pianificazione: perché è importante

La pianificazione è un elemento chiave e anche, a mio avviso, una delle parti più utili e divertenti… non è forse la preparazione del Gap Year già parte del Gap Year stesso? Certamente Gap Year non vuol dire stare a casa davanti a Netflix. Occorre pianificare in base agli obiettivi che ci siamo dati e rispettando i vincoli che abbiamo. Questo richiede di solito un processo iterattivo, di revisioni e approssimazioni successive. Pianificare non deve tuttavia significare una programmazione totalmente rigida, che non preveda aggiustamenti o spazi da riempire successivamente. Tracciamo il piano generale di massima, definiamo in maggior dettaglio la prima parte, ma lasciamoci dei margini di manovra per la seconda parte dell’anno. Quello che faremo nella prima parte potrebbe cambiarci e cambiare i nostri obiettivi.

Non costerà molto di più che restare in attesa, puoi commentare questo passo del tuo libro?

Le attività durante il Gap Year, come tutto, hanno un costo. Quello che conta è il costo netto, il saldo fra le spese ed eventuali ricavi da lavori e lavoretti. Tale costo può variare da quasi zero a decine di migliaia di euro. Se ogni Gap Year è diverso, anche le spese varieranno molto ed è impossibile considerare tutte le diverse combinazioni di costo e ricavo. Con tutti i limiti di una sintesi schematica, possiamo dire che il costo netto di un Gap Year può stare entro i 5.000 €. Con 10.000 state comodi. Certo non c’è limite a quanto potete spendere… se vi impegnate! Parliamo di costi al netto dei ricavi da lavori e lavoretti che potrete svolgere, che comprendono in alcuni casi come benefit la riduzione di quelli che sarebbero altrimenti costi.

Se scegliete di andare “alla pari” (ragazze, ma anche ragazzi), per un po’ di mesi, il costo potrà essere zero. Non pagate vitto e alloggio, vi danno una retribuzione settimanale che potete mettere da parte per farvi poi un viaggio o un corso. Se siete a Londra o Berlino a studiare la lingua, potete lavorare in un McDonalds o altra attività della gig economy e recuperare parte delle spese.

Questi costi vanno, inoltre, messi in prospettiva. A parte che stare a casa non è gratis, spesso chi si lamenta del costo di un Gap Year è poi lo stesso che per la maturità regala al figlio la macchinetta oppure investe, oggi, migliaia di euro in una festa di diciottesimo. We always have a choice, dice Michelle Pfeiffer nel film Dangerous Minds. Certo, per chi fa realmente fatica ad arrivare a fine mese, il problema si pone seriamente. Al contempo sono proprio quei ragazzi che trarrebbero i maggiori benefici ad uscire dalla loro situazione e giocarsela, avendo in fondo poco da perdere. Ovviamente, dovranno fare maggiori sacrifici, in termini di comodità. Ma per loro un Gap Year ben pianificato sarebbe non solo un momento di crescita ma anche un perfetto biglietto da visita per il futuro. Mostrerebbe la loro determinazione, spirito di sacrificio, volontà di farcela.

Anno sabbatico… e poi?

E poi? E poi fate quello che volete! Gli studi dimostrano che chi ha fatto un Gap Year ha performance accademiche migliori e sono pochi quelli che decidono di non proseguire gli studi. Detto questo, quand’anche fosse, se uno trova una sua strada che non sia, o non sia immediatamente, la laurea, non ci vedo nulla di male. Certo, parliamo di scelte ponderate, per seguire alternative concrete, non di colpi di testa dettati dal momento. Un Gap Year serve anche a questo.

Cosa diresti a chi ha paura di buttare un anno con un Gap Year?

Non è certo un anno perso, ma al contrario è un anno guadagnato. Per crescere come persona, aspetto importantissimo che io, forse per la mia formazione aziendale, tendo a tenere in secondo piano, per acquisire skills e fare resume building. In particolare se, come molti a quell’età, ho ancora idee confuse e incertezze, un anno perso sarebbe iniziare un percorso accademico e doverlo cambiare. Peggio ancora doverci convivere per sempre.
In ogni caso, non scoraggiatevi e concentratevi su quello che POTETE fare con il tempo e le risorse a disposizione e non su quello che NON POTETE fare.

E adesso uscite! Partite! Come cantano gli Eagles:

We may lose and we may win
Though we will never be here again
So open up I’m climbin’ in
Take it easy

Per vivere grandi storie come questa serve attitudine. Tu credi di averla?

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Chiara Zotti

Author Chiara Zotti

Il contatto con i WEP Buddies è la mia soddisfazione quotidiana. Ho vissuto un anno oltre il circolo polare svedese. Amo l’architettura, la fotografia analogica e le maschere di teatro.

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